Indetrabile l'IVA erroneamente applicata

È ormai un’abitudine, per chi emette fattura, nei casi in cui ci siano dubbi sulla corretta disciplina da applicare, di scegliere l’ipotesi più favorevole al fisco onde evitare contestazioni.      
In casi simili è molto probabile che effettivamente contestazioni non ce ne siano per chi la fattura la emette, mentre la situazione si fa più complessa per chi, dopo aver pagato la fattura e versato l’imposta, voglia anche portala in detrazione.

La Cassazione si è recentemente pronunciata sulla questione, arrivando anche ad emanare un principio di diritto.
La sentenza, che attinge a fonti europee di diritto e di giurisprudenza, parte dal principio che è vero che il diritto alla detrazione dell’IVA è generalmente connesso all’effettiva realizzazione di un’operazione imponibile, ma questa non si realizza attraverso l’esposizione dell’imposta sulla fattura, perché deve comunque realizzarsi l’effettiva imponibilità dell’operazione.

La corte pertanto rigetta l’orientamento, minoritario ma ugualmente supportato da parte della giurisprudenza, secondo cui l’IVA erroneamente addebitata possa essere comunque detratta da colui che riceve la fattura.          

In virtù di queste considerazioni, con la recente sentenza viene emanato il principio di diritto secondo il quale, in materia di IVA, l’imposta erroneamente corrisposta in relazione ad un’operazione non imponibile non può essere portata in detrazione dal cessionario. La detraibilità è ammessa unicamente nella diversa ipotesi in cui, a seguito di un’operazione imponibile, l’IVA sia stata erroneamente corrisposta sulla base di un’aliquota maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta.

La Cassazione ricorda infine che, nel caso di applicazione di un’imposta superiore a quella dovuta, pur lasciando al cessionario o al committente il diritto di detrarre l’IVA erroneamente applicata, ciò non evita l’applicazione di una sanzione amministrativa compresa tra 250 e 10mila euro.

 

Milano, 04/01/2021

Cogede
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