End of Waste: nuova direttiva UE
il problema rimane sempre lo smaltimento dei rifiuti. L’End of waste stabilisce a quali condizioni un rifiuto cessa di essere tale al termine del processo di riciclo e può essere disciplinato solo a livello nazionale o sovranazionale e non, com’era di prassi, dalle Regioni che esaminavano ogni singola azienda del settore e rilasciavano autorizzazioni su misura. Spetta ora al ministero dell’Ambiente il compito di stabilire delle regole valide per tutto il territorio nazionale e per tutti i materiali trattati in quanto ad oggi le aziende stanno operando ancora in virtù delle autorizzazioni ottenute in passato ma quando queste scadranno dovranno cessare la loro attività di riciclo. «Il rischio per l’intero settore e per la collettività è che si blocchi l’intero ciclo dei rifiuti, a cominciare dalle raccolte», così quanto dice Andrea Fluttero, presidente di Fise Unicircular, l’Unione imprese dell’economia circolare. Le uniche filiere in Italia per cui oggi esistono regole sovraregionali per la «fine del rifiuto» sono quelle del vetro e dei metalli, oggetto di due regolamenti europei, e quelle del combustibile solido secondario (Css) e del fresato d’asfalto, gli unici due materiali su cui l’Italia ha emanato specifici decreti, e lunghi sono ancora i tempi tecnici per metterne a punto altri.
Qualora si riuscisse ad armonizzare non solo le direttive a livello nazionale ma anche a livello europeo, tutti potremmo trarne vantaggio sviluppando tre punti base, ovvero: ridurre la produzione di rifiuti, aumentare riciclo e recupero energetico nella logica di economia circolare e ridurre l’uso di materie prime vergini.
L’Italia parte già da una buona base: il 65% dei rifiuti speciali e il 45% dei rifiuti urbani va già oggi a recupero di materia e il 15-20% a recupero di energia ed è inoltre importatore netto di rottami. Vale quindi la pena preservare questo capitale continuando su questa strada.
Cogede
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Milano, 03/04/2019