Disciplina delle Società di Comodo

Le società “di comodo”, o “non operative”, sono quelle società che non esercitano una effettiva attività commerciale e non rispondono ad esigenze imprenditoriali, ma perseguono altri tipi di finalità.

Una società è considerata di comodo se non supera il cosiddetto test di operatività oppure se è in perdita per cinque periodi di imposta consecutivi, o per quattro periodi è in perdita e per il quinto non consegue il reddito minimo delle società di comodo.

Il campo di applicazione

Sono soggette alla disciplina delle società di comodo:   
- le società per azioni;   
- le società in accomandita per azioni;   
- le società a responsabilità limitata;      
- le società in nome collettivo;  
- le società in accomandita semplice;    
- le società e gli enti non residenti di ogni tipo, a condizione che abbiano stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

Il test di operatività

Il test di operatività, il cui mancato superamento fa scattare la presunzione che una società sia di comodo, consiste in un raffronto tra la media dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, ad eccezione di quelli straordinari, conseguiti nell’esercizio in cui si effettua il test e nei due precedenti ed il valore ottenuto applicando ai beni della società le percentuali:

  • del 2% alle quote di partecipazione ed agli strumenti finanziari;
  • del 6% agli immobili ed alle navi;
  • del 5% agli immobili di categoria A/10;
  • del 4% agli immobili abitativi acquistati o rivalutati nell’esercizio e nei due precedenti;
  • del 1% agli immobili in comuni con meno di 1000 abitanti;
  • del 15% alle altre immobilizzazioni.

Ai fini del test di operatività, il valore dei beni deve essere determinato a norma del TUIR (v. art 110) e assunto in base alla media dell’esercizio in cui si effettua il test e dei due precedenti.    
In caso di acquisto o cessione di un bene nel corso del periodo di imposta deve essere effettuato il ragguaglio alla minore durata del possesso, mentre per i beni in locazione finanziaria si assume il costo sostenuto dall’impresa concedente o, in mancanza di documentazione, la somma dei canoni di locazione e del prezzo di riscatto che risultano dal contratto.

Per le regole applicative del test di operatività e il dettaglio delle presunzioni e delle penalizzazioni il riferimento principale è la circolare dell’Agenzia delle Entrate 25/E del 4 maggio 2007.

Il conseguimento di perdite sistematiche

In aggiunta alle società ed agli enti che non superano il test di operatività, si considerano di comodo gli stessi soggetti quando conseguono perdite fiscali per cinque periodi di imposta consecutivi, oppure nell’arco di cinque periodi di imposta conseguono perdite per quattro periodi e nel quinto un utile inferiore al minimo delle società di comodo.

La disposizione sulle società in perdita sistematica è stata introdotta nel 2011 e, inizialmente, prevedeva che il periodo di osservazione fosse di tre esercizi in luogo di cinque.

Il conseguimento delle perdite per cinque esercizi integra una fattispecie diversa delle società non operative, e come tale è soggetta all’intera disciplina della società di comodo, comprese le presunzioni che attribuiscono un reddito minimo ed un valore della produzione minimo ai fini IRAP, le penalizzazioni IVA e la normativa sull’interpello.

Le conseguenze della non operatività

Lo status di società di comodo o non operativa determina conseguenze particolarmente penalizzanti.

Innanzitutto, per le società e gli enti non operativi si presume che il reddito del periodo di imposta non sia inferiore all’ammontare della somma degli importi derivanti dall’applicazione, ai beni posseduti nell’esercizio, delle percentuali:

  • dell’1,5% alle quote di partecipazione ed agli strumenti finanziari;
  • del 4,75% agli immobili ed alle navi;
  • del 4% agli immobili di categoria A/10;
  • del 3% agli immobili abitativi acquistati o rivalutati nell’esercizio e nei due precedenti;
  • dello 0,9% agli immobili situati in comuni con meno di 1000 abitanti;
  • del 12% alle altre immobilizzazioni.

Le percentuali di redditività si applicano ai beni posseduti nell’esercizio.

Inoltre, al reddito delle società di comodo si applica una maggiorazione del 10,5% sull’aliquota IRES e le perdite degli esercizi precedenti possono essere computate in diminuzione esclusivamente della parte di reddito che eccede quello minimo.

Il reddito in tal modo determinato è preso a base del valore minimo della produzione netta delle società di comodo, che corrisponde allo stesso reddito minimo aumentato degli interessi passivi, delle retribuzioni sostenute per il personale dipendente e dei compensi spettanti ai co.co.co. e per le prestazioni di lavoro autonomo non abituali.

Quindi, lo status di comodo fa scattare la presunzione che i beni producano un certo reddito, rilevanti a fini IRAP e IVA.

In particolare, in tema di penalizzazioni IVA, le società di comodo non possono chiedere a rimborso, utilizzare in compensazione orizzontale o cedere l’eccedenza di IVA a credito risultante dalla dichiarazione relativa all’anno in cui la società è di comodo. Rimane invece consentito l’utilizzo per la compensazione verticale.

La società che risulta di comodo per tre esercizi consecutivi perde invece definitivamente e ad ogni effetto l’eccedenza di credito IVA, non più riportabile neanche a scomputo dell’IVA a debito.

L’interpello

I soggetti qualificati come società di comodo, non operative o in perdita sistemica, possono disapplicare la disciplina relativa in presenza di cause di esclusione o di disapplicazione: in alternativa, è comunque concesso loro di presentare istanza di interpello.

Si tratta di un interpello probatorio per ottenere dall’Agenzia delle Entrate un parere, non vincolante per il contribuente, relativo alla sussistenza delle situazioni che hanno reso impossibile raggiungere la soglia minima di ricavi.           
Tale istanza dev’essere presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi e l’Agenzia ha 120 giorni di tempo per rispondere: in caso di mancata risposta, vale la regola del silenzio assenso.

L’istanza di interpello, comunque, non è obbligatoria: la società presunta di comodo può infatti, sulla base di una semplice autovalutazione, disapplicare la disciplina sulle società di comodo dandone indicazione nel quadro RS della dichiarazione dei redditi.

 

 

Milano, 27/01/2021

Cogede
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