Cannabis Light: un buon affare?
Manca ancora un quadro normativo chiaro ma il giro d’affari della cannabis light è già partito. La prima produttrice nazionale di marijuana light è EasyJoint e in poco più di 45 giorni ha già fatturato mezzo milione di euro. Le attività commerciali in questo settore potrebbero arrivare ad ottenere un fatturato annuo di almeno 44 milioni di euro creando circa 960 posti di lavoro se si attuasse un “piano legislativo ad hoc” come previsto da Davide Fortin della Sorbona di Parigi, ricercatore del Marijuana Policy Group di Denver, che si occupa della consulenza sulla legalizzazione in altre aree del mondo, come il Canada.
Durante la fiera della canapa organizzata a Bologna nel Maggio 2018, EasyJoint aveva presentato una varietà italiana d’erba, chiamata l’Eletta Campana, che presenta il THC inferiore allo 0.6% e dunque vendibile legalmente. Il THC non è altro che il tetraidrocannabinolo, il principio attivo della marijuana. I suoi effetti sono ricercati dai consumatori che vogliono alleviare ansia, insonnia, dolori mestruali e i produttori dell’Eletta dichiarano infatti che oltre che a un obiettivo commerciale si affianca una vera e propria missione sociale per mostrare come potrebbe essere la legalizzazione. Nonostante il fatturato di EasyJoint sia molto elevato, i guadagni sono ancora pochi in quanto gli investimenti fatti e da fare sono ancora tanti. La regolarizzazione normativa di questo settore è quindi necessaria in quanto sia ora un far west legislativo.
Ad oggi la cannabis light viene venduta per circa 17 euro in vasetti da 8-10 grammi. Sembra quindi un investimento con ottime prospettive di ritorno, quasi certe anzi. È il fattore del rischio che è difficile da quantificare senza un quadro normativo in vigore, e il pericolo è che se ne attui uno inadeguato.
Cogede
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Milano, 08/03/2019